Iniziamo con questo articolo un viaggio attraverso le sfide fra Italia ed Argentina nel corso della coppa del mondo. Perché mai? Bè, intanto perché si tratta di due potenze del calcio. Poi, sempre in termini generali, perché bene o male siamo lo stesso popolo. Una signora argentina una volta mi disse che l’argentino è un italiano che parla spagnolo. Pare sia un detto abbastanza diffuso oltreoceano. Mai sentito, ma è appropriato. Per cui queste partite sono come i ritrovi tra parenti lontani che si vedono, si abbracciano, e poi regolarmente finiscono a litigare.
In particolare, così non divaghiamo, il confronto è interessante poiché le due squadre non si incrociano, nel corso della fase finale di un mondiale, sino al 1974, e nonostante diverse partecipazioni per entrambe. Poi in sedici anni si sfidano per cinque volte, consecutive. Dopo, niente. Nelle cinque edizioni oggetto di attenzione, le due nazionali sono decisamente protagoniste. L’Argentina vince due titoli mondiali (’78 e ’86) e raggiunge una finale (’90). Tanto per dire, in tutte le edizioni precedenti e successive, la formazione sudamericana entra tra le prime quattro al mondo solo un’altra volta, addirittura nel corso della prima edizione del 1930. Pertanto è da considerarsi come il periodo aureo dell’Argentina. L’Italia, da par suo, vanta un curriculum di tutto prestigio nel periodo ’74 – ’90, con una vittoria e due ingressi tra le quattro migliori.
Sono tutte sfide cariche di significati. L’Argentina non ne vince neanche una, due finiscono pari e altre due le vince l’Italia. Però. C’è un però. L’ultimo incrocio, mondiali del ’90, è formalmente un pareggio, perché le partite che finiscono pari dopo i supplementari per le statistiche sono pareggi. Anche se dopo vengono tirati i rigori, come quella volta. Ed anche se, come quella volta, i rigori li tira meglio l’Argentina. Nell’occasione prende corpo la più grande delusione della storia del calcio azzurro, almeno a mio parere. Che mi è rimasta sul groppone, ma ci arriveremo.
Mondiali 1974, il calcio è altrove
La prima sfida si svolge nel corso del campionato 1974, girone della prima fase. E’ la partita meno rimarcabile della serie, sia da un punto vista tecnico, sia in ragione dei risultati che le due squadre raggiungono nel corso della competizione. Non è proprio un mondiale che parla una lingua neolatina. Una pletora di squadre del nord Europa, tra cui le finaliste Germania Ovest ed Olanda, occupa gli otto posti della seconda fase, riservati alle migliori dei gironi iniziali. Fra queste, grossa sorpresa, non ci sarà l’Italia. L’Argentina farà la parte della comparsa, o poco più.
Una spedizione a dir poco disgraziata
Per raccontare le vicissitudini della spedizione italiana in Germania ci vorrebbe un libro. E infatti Giovanni Arpino l’ha scritto e gli ha dato un titolo eloquente: Azzurro tenebra. Senza dilungarci troppo, la nazionale è di fatto divisa in clan. Essenzialmente, i giocatori della Lazio fresca di titolo nazionale, più Juliano del Napoli, in contrapposizione ai calciatori delle squadre del nord. Anche i personalismi si sprecano. Né Valcareggi, il ct, né la federazione, né Italo Allodi, reclutato proprio per l’occasione, riescono a porvi un freno.
Nel corso dell’incontro con Haiti, esordio mondiale dell’Italia, il clima di tensione più o meno latente diventa palese, ed in mondovisione. Chinaglia reiteratamente manda sappiamo dove il tecnico che l’ha sostituito, mentre lascia il campo. Farà pubblica ammenda il giorno dopo in conferenza stampa, convinto dal suo allenatore di club Maestrelli, giunto appositamente in Germania per condurlo a più miti consigli. Non verrà spedito a casa, ma è solo la punta di un iceberg. Questa intervista a Riva è piuttosto illuminante del clima di quei giorni.
La squadra in sé non è neanche male. Giunge in Germania fra le favorite, forte di un biennio passato senza perdere una partita e senza addirittura prendere un gol. Ha battuto squadre come Brasile, Svezia, Inghilterra (due volte, di cui una a domicilio). Ha dunque una difesa solida e un ottimo portiere come Zoff. Il reparto avanzato è di tutto rispetto: il già citato Chinaglia, Anastasi, Riva, Rivera, Boninsegna, Mazzola, che nel ’74 gioca il suo migliore mondiale.
Si sarebbe detto in seguito: è una generazione al termine del suo ciclo, quella dei c.d. messicani, dei campioni d’Europa edizione ’68. Molti di loro chiuderanno lì la loro esperienza in nazionale. E’ anche vero, il passaggio generazionale c’è, ma da solo non spiega la debacle. Il gioco mostrato nel corso di quel mondiale sarà veramente al di sotto di ogni aspettativa.
La selección fantasma
In vista delle qualificazioni mondiali, l’Argentina è stata affidata ad Omar Sivori. Proprio nel corso delle qualificazioni, al fine di preparare una partita in altura in Bolivia, accade un fatto a dir poco inusuale. Sivori invia le seconde linee della nazionale, i più giovani, insieme all’allenatore in seconda Ignomiriello, a prepararsi in una località argentina di montagna, Tilcara. Sembra incredibile, ma di fatto la federazione argentina si dimentica di loro per un certo periodo. Racconta Kempes, uno dei dispersi, che dovettero organizzare delle amichevoli per raggranellare i soldi necessari per sfamarsi. Perdettero diversi chili a testa. Un giornale avrebbe così parlato di selección fantasma.
Pochi mesi prima della competizione, l’ex giocatore della Juventus viene esonerato e sostituito da Cap, nonostante una qualificazione brillantemente ottenuta. Motivo, l’ostilità della stampa e delle società professionistiche, alle quali il cabezón aveva tolto i giocatori per tre mesi. Dirà Sivori al riguardo:
Era il periodo indispensabile per far cambiare loro mentalità, per convincerli che il calcio si gioca prima con le testa e poi con i piedi.
Nel frattempo, diversi giocatori emigrano nei campionati europei, e la compattezza raggiunta in precedenza si sfalda. I sudamericani, che ai mondiali precedenti non si erano neanche qualificati, rischiano di presentarsi al torneo tedesco nelle condizioni di sempre: pieni di potenzialità ma estremamente fragili. Poi, nell’occasione, le potenzialità non sono neppure così tante, salvo alcune eccezioni come Telch, Heredia, Babington, Brindisi. La squadra resta quindi un fantasma. Nell’ultimo incontro prima dell’esordio mondiale prendono quattro pere dall’Olanda ad Amsterdam, una sorta di avviso intimidatorio.
Uno a uno, poi a casa
Per l’Italia, scendono in campo: Burgnich (libero), Spinosi, Morini e Facchetti in difesa; a centrocampo Capello, Benetti e Mazzola; Rivera dietro le punte, che sono Anastasi e Riva. L’Argentina schiera una formazione aggressiva, con tre attaccanti, Ayala, Kempes, Yazalde, più un centrocampista avanzato, Houseman, che risulterà il migliore in campo. L’inizio è tutto argentino. I sudamericani devono vincere a tutti i costi, perché, anche solo con un pari, il rischio eliminazione sarebbe piuttosto concreto. Nell’ultimo incontro, infatti, l’Italia affronterà la Polonia già qualificata, con due risultati a disposizione su tre per passare il turno.
Capello mostra fatica a seguire Houseman, troppo avanzato (e infatti in marcatura verrà messo Benetti). Riva e Rivera, acciaccati e fuori forma, saranno assenti per tutto l’incontro. Ad un certo punto Rivera incespica da solo sulla palla, e Nicolò Carosio, alla radio, lo apostrofa così:
Alzati e cammina, perdio!
Povero Rivera…
Al diciannovesimo gli argentini passano. Gran lancio dal centro di Babington per il solito Houseman, che supera Zoff. Il pareggio, di lì a poco, è un gentile omaggio dei nostri compaesani d’oltreoceano. Capello libera in area Benetti, il quale controlla di petto un po’ troppo energicamente. La palla sarebbe facile preda del portiere Carnevali se non intervenisse Perfumo, infilando nella propria porta.
Nel secondo tempo la partita continua a farla l’Argentina, benché non crei grosse occasioni. Si segnala un gran tiro di Ayala tolto dall’angolino da Zoff, mentre la palla gol decisiva ce l’ha proprio l’Italia: grande azione di Mazzola, che, solo davanti a Carnevali, tira sulla destra del portiere. Il pallone lemme lemme scorre e lambisce il palo, perdendosi sul fondo. Un ciuffo d’erba o una zolla mal riposta, si dirà, ha deviato la traiettoria in modo decisivo.
Finisce uno a uno, ed ogni pericolo pare scampato. Come detto, basta un pareggio all’Italia contro la Polonia per passare il turno. Invece perde due a uno, piuttosto nettamente e nonostante un buon inizio ed un veemente finale. Quindi l’Argentina, sconfiggendo la cenerentola del girone Haiti per quattro a uno, passa il turno a nostre spese grazie ad una migliore differenza reti.
Poca gloria anche per loro
Nel girone di semifinale, l’Argentina incontra innanzitutto la strepitosa Olanda. Prendono di nuovo quattro gol, con gli olandesi straripanti che si infilano ovunque tra le maglie biancocelesti. Perderanno anche contro un Brasile non fenomenale, ed infine pareggeranno l’ultima partita contro la Germania Est. Chiudono così piuttosto mestamente la loro avventura mondiale, un po’ meglio dell’Italia, ma non molto.
19 giugno 1974, Stuttgart, Neckarstadion – Arbitro: Kazakov (URSS) | |
Italia 1 | Argentina 1 |
---|---|
Zoff | Carnevali |
Spinosi | Perfumo (c) 35′ |
Morini 67′ Wilson | Wolff 61′ Glaria |
Burgnich | Heredia |
Facchetti (c) | Sa |
Mazzola | Telch |
Capello | Babington |
Rivera 87′ Causio | Houseman 19′ |
Benetti | Kempes |
Anastasi | Ayala |
Riva | Yazalde 78′ Chazzareta |
All. Valcareggi | All. Cap |
Pingback: Calcio Parziale | Paisà contro. Italia – Argentina ai mondiali (1978)