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Mark Randall
L’accademia dell’Arsenal sputa talenti a ripetizione. Mark Randall è uno di questi. Wenger lo adora, lo fa esordire in campionato, in coppa e pure in Champions League. Il ragazzo sembra sulla rampa di lancio e anche la stampa inizia a tenerlo d’occhio, tanto che secondo il Guardian si tratta di uno dei 5 giovani più promettenti dei Gunners.
I am really happy at Arsenal and I know I must keep working hard to get where I want to be, which is in the first-team.
Mh, mica tanto. Fa la spola tra Arsenal e prestiti nelle serie inferiori (Milton Keys Dons, Rotherham) poi gli scade il contratto e l’ex innamorato Wenger non glielo rinnova. Prova a rifarsi una vita al Chesterfield in League One, ma anche qui niente rinnovo. Per fortuna arriva la chiamata dell’Italia: per lui c’è l’Ascoli, Lega Pro. Sai mai che lasciare il Derbyshire per il variopinto Piceno non gli faccia bene. Inizia anche bene, ma ci si mette di mezzo anche la sfiga. L’Ascoli va in bancarotta e lui è senza stipendio da ottobre.
I’ve got bills to pay. You never think of that when you’re a kid growing up playing for Arsenal.
Benvenuto nel mondo reale, kiddo.
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Jonatan Soriano Casas
In realtà mi sento un po’ ingiusto ad inserire Soriano in questa lista: in fondo è un onesto artigiano del pallone che sa anche buttarla dentro con una regolarità impressionante. Ma ci sono almeno due buoni motivi per buttarlo nella mischia. Soriano ha iniziato nell’Espanyol ma nel 2009, a 24 anni, guada il fiume e si trasferisce al Barcellona. In realtà in prima squadra non ci arriva mai, ma nella formazione B divide lo spogliatoio con Montoya, Tello, Thiago Alcantara e Muniesa e soprattutto spacca: 59 gol in 84 partite, 32 gol in 37 partite solo nella stagione 2010/11. Ma non basta. Gli altri se ne vanno in prima squadra, lui in un campionato ipercompetitivo come quello austriaco. Red Bull Salzburg per lui, e anche qui non ci vuole molto per mostrare il proprio valore: 41 gol in 55 partite.
Ah, i due buoni motivi per averlo qui? Il primo è che dalla cantera al campionato austriaco non è esattamente uno di quei salti di carriera per i quali festeggiare con gli amici. Il secondo è questa roba qua:
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Miloš Krasić
Serbo classe 84, Miloš Krasić si fa le ossa nel proprio paese, fino ad attirare le attenzioni del CSKA Mosca, che nel 2004 lo strappa al Vojvodina per un piatto di lenticchie. Nel club russo cresce di anno in anno e lo vogliono un po’ tutti. Ma è la Juventus di Luigi Del Neri a portarselo a casa nel 2010 e il suo impatto è devastante: inizia dispensando assist e con una tripletta al Cagliari. Il suo modo di schizzare sulla fascia destra e la chioma bionda fanno pensare che si è già trovato l’erede di Nedved. Ma nella seconda parte della stagione le sue prestazioni iniziano a calare, e sarebbe anche comprensibile considerato che – venendo dal campionato russo – aveva cominciato la stagione a gennaio. Il problema è che non gli riesce più nulla, in campo è una pallina isterica che si scontra regolarmente contro le gambe degli avversari. Lo stesso popolo bianconero che a novembre lo adorava adesso si scazza ad ogni azione del biondo.
La seconda stagione non cambia le carte in tavola e così la Juventus deve sbarazzarsene con una discreta minusvalenza (acquistato a 15 milioni, venduto a 7). Ma anche nel Fenerbahce non gira. Ora è rifugiato in Corsica, non a lottare per l’indipendenza ma per ottenere una maglia nel Bastia.
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Linus Hallenius
Linus Hallenius, svedese classe ’89, muove i primi passi nel casso professionistico nel suo paese natale, prima nel GIF Sundsvall e poi nell’Hammarby. Diciamolo subito, non porta benissimo: entrambe le squadre retrocedono in Superettan quando arriva lui, ma insomma, la colpa non è nemmeno sua. E poi è proprio nella serie minore che esplode: 18 gol in 23 partite, che non bastano a riportare l’Hammarby in Allsvenskan ma almeno fanno in modo che il suo nome inizi a girare tra chi ne capisce. Come se non bastasse uno dei suoi gol riceve smodata attenzione tanto da arrivare secondo al FIFA Puskás Award. Su di lui iniziano a piombare nomoni come Bayern e Ajax, ma alla fine la spunta il Genoa del pirotecnico Preziosi. che ovviamente gli fa giusto fare le visite mediche e poi lo gira in prestito. Prima al Lugano, poi al Padova, dove si trova benissimo, a sentire il suo procuratore:
Vi pare possibile che, dopo 45 giorni di trattative e mille rassicurazioni sul fatto che Hallenius sarebbe stato un punto di riferimento per il Padova, ci troviamo in questa situazione?
Torna al Genoa, ma Del Neri non lo vede nemmeno. Adesso cerca di rifarsi una vita ad Aarau, in Svizzera, ma noi vogliamo ricordarlo così.
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Vincent Péricard
Nato in Camerun ma emigrato in Francia con la famiglia in giovanissima età, a 6 anni inizia la trafila delle giovanili nel Saint-Étienne, dove esordisce in prima squadra a 17 anni. I media lo iniziano a coccolare in maniera piuttosto spinta (c’è addirittura un documentario del produttore francese Julien Courbet a lui dedicato e intitolato – senza alcuna enfasi, direi - L’homme qui valait des milliards). La Juventus se lo porta a casa, sperando di replicare l’affare fatto anni prima con i Verts per un certo Michel Platini, ma nei suoi due anni in bianconero sembra un alieno e in due stagioni colleziona la bellezza di una sola presenza, e lasciando Torino nel 2002 direzione Portsmouth. Lo stesso Vincent racconta così la fine della sua esperienza bianconera:
Io e altri tre giovani francesi prendevamo lezioni di italiano con una professoressa molto carina. Una sera ci annoiavamo e l’abbiamo invitata ad uscire, ma non sapevamo che era anche l’insegnante di uno dei dirigenti! Il giorno dopo Moggi ci ha convocato nel suo ufficio e ci ha detto “a te ti mando là, a te lì e tu te ne vai al Portsmouth”.
In Inghilterra sembra ritrovare lo smalto di un tempo (9 gol in 32 partite), ma gli infortuni (e la depressione) lo perseguitano e in tempo zero si ritrova a vagare nella provincia inglese, un prestito dopo l’altro, una stagione grigia dopo l’altra. Torna agli onori della cronaca nel 2007, quando viene arrestato: viene pinzato dall’autovelox e testimonia che alla guida dell’auto c’era il patrigno, che però alla polizia confessa di non aver messo piede in Inghilterra dal 2003. Seguono altre esperienze dove non lascia mai il segno, finché nel 2012 si ritira e fonda l’EWM, organizzazione che si occupa di aiutare gli atleti a sviluppare il loro potenziale sostenendo il loro benessere sociale e l’integrazione nel paese ospite. Messaggio chiaro su quello che è mancato a Vincent.